8 gennaio 2012

Ai confini del sonno e del mare

Ieri ti tenevo in braccio. A un certo momento ho colto una nota delicatamente sommessa nel tuo pianto sottile. E' un piccolo segno che io e la mamma abbiamo imparato a riconoscere come prodromi dell'addormentamento. Allora mi sono avvicinato allo specchio in modo da poterti osservare, ma in modo che tu non fossi troppo distratta dalla tua sorprendente immagine frontale riflessa, chiedendoti forse che cosa ci avrebbe fatto un'altra Margherita a pochi centimetri da te. Ti guardavo di traverso, guardavo i tuoi occhi dapprima aperti, poi vacillanti, e poi abbandonati al sonno. Ho cercato di cogliere il momento del passaggio, il confine tra la veglia e il sonno. Poi, con te abbandonata ai tuoi sogni che mai avrò modo di conoscere, ho pensato alla spiaggia, e al punto di confine tra la terraferma e il mare. E ho pensato a come siamo fortunati a nascere a Genova, e poter arrivare facilmente in un luogo prima del quale c'è nitida e visibile e meravigliosa certezza terrestre, e dopo il quale c'è indefinita e invisibile e meravigliosa incertezza sommersa. E potrai stare anni, minuti, ore davanti al mare e questo confine non potrai mai tracciarlo, ma saprai che c'è, ed è bellissimo guardarlo. In uno specchio guardato di traverso, ai margini del sonno, davanti al mare.